Il terrorismo è forte per le debolezze del suo nemico

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Marco Lombardi è direttore del centro di ricerca ITSTIME, professore ordinario di Sociologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore dove insegna: sociologia; teoria e tecniche della comunicazione mediale; cooperazione nelle aree di post conflict; sicurezza e contrasto al terrorismo (criminologia applicata). È membro della Commissione di Palazzo Chigi sulle strategie di contrasto al terrorismo e alla radicalizzazione e del Comitato di Riflessione e Indirizzo Strategico (CRIS) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione. Il 18 ottobre 2023 è intervenuto ai microfoni di Radio InBlu, nel corso della trasmissione “Buongiorno InBlu 2000” condotta da Chiara Placenti, per commentare l’attentato di Bruxelles e la situazione di tensione internazionale seguita all’attacco terroristico di Hamas in Israele. Proponiamo una sintesi del suo intervento sul tema. 

“È successo tutto quello che ci aspettavamo. Quello che è accaduto in Israele non poteva che attivare in Europa tutta una serie di schegge individuali che si sono movimentate a una nuova visione, chiamate ad attuare l’estremismo jihadista e il terrorismo jihadista per rilanciarsi. Il 17 ottobre abbiamo avuto una rivendicazione ufficiale dell’attentato di Bruxelles attraverso i canali Telegram dello Stato islamico. La rivendicazione di una struttura organizzata che potrebbe avere l’interesse a prendere in mano il pallino di questa attività terroristica non fa che aumentare il rischio. La rivendicazione non parla della Palestina, non parla di Hamas. Riprende invece il bersaglio che è stato colpito a Bruxelles cioè gli svedesi. Perché la Svezia? Perché fa parte della coalizione anti Islam, perché bruciò i corani e perché l’attentatore veniva da una frequentazione in Svezia. L’attentato è quindi apparentemente legato a un tema ricorrente, costante e tradizionale di Daesh, e quindi sganciato da quello che è accaduto in Israele.

Il terrorismo islamico è stato sempre presente su tutti i report nazionali e internazionali rilasciati dalle agenzie di sicurezza in questi anni. I report sottolineavano che il terrorismo jihadista non si era mai assopito, non si stava manifestando ma era sempre presente ed è sempre stato considerato la prima minaccia rispetto a questo tipo di attentati cruenti, magari su soft target Non c’è stata distrazione da parte delle agenzie e questo ha comportato un monitoraggio costante.

Oggi l’Italia è il Paese che si è comportato meglio, almeno in questa fase preventiva immediatamente vicina agli attentati: le due persone arrestate a Milano nei giorni scorsi erano sotto osservazione da un anno. Uno di loro aveva già subito una perquisizione in casa nel dicembre scorso e, come si fa in questi casi, nel momento in cui l’allerta aumenta le maglie si stringono e chi è stato osservato, anche se faceva solo propaganda o raccoglieva solo denaro, viene messo in sicurezza. Si stringono le maglie perché può esserci una minaccia, cosa che i belgi e i francesi non hanno fatto, ma loro hanno veramente tanti radicalizzati, molti più di quelli che abbiamo noi in Italia.

Il tema della radicalizzazione è un tema altamente problematico. Sebbene un individuo sia considerato radicalizzato – convinto delle sue idee e magari anche violento – come si può stabilire con certezza che scenda effettivamente in campo? C’è quindi un problema di valutazione del rischio legato alla radicalizzazione e c’è da considerare che la radicalizzazione, così come ogni processo che porta a una riorganizzazione della propria identità e della propria cultura, è un processo che richiede molto tempo, motivo per cui bisogna lavorare di più sulla prevenzione.

Dobbiamo renderci conto che affermare che chi entra illegalmente nel nostro Paese non ha nulla a che fare con il terrorismo è un presupposto ideologico, non un presupposto oggettivo

Non possiamo dire che gli immigrati siano tutti terroristi, ma non possiamo nemmeno negare che coloro che entrano in Italia, ovvero tutti i migranti fino a quando un giudizio non esprime la loro legittimità a ottenere un particolare status, siano degli illegali. E non possiamo sostenere, fino a che non abbiamo verificato, che tra loro non ci siano terroristi. Questo è il cuore del problema, e richiederebbe un’attività nei paesi d’origine, per dissuadere i migranti a usare queste linee di ingresso, attivando delle linee di ingresso ufficiali. Solo così, con un’azione preventiva, potremmo salvare chi ha il diritto a venire, legittimarlo ed essere certi che non venga per ragioni violente.

I terroristi non sono forti, ma sfruttano delle occasioni. Il terrorismo è forte per le debolezze del suo nemico, questo è il punto fondamentale. Tra le nostre debolezze c’è la loro consapevolezza che possono arrivare in Italia senza rischi e con la possibilità di muoversi dall’Italia in pochi giorni. Questo purtroppo è un fattore di attrazione per il terrorismo. Non considerarlo è irresponsabile. 

È il momento di trovare gli strumenti per ridurre questo rischio.”

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