Negli ultimi trent’anni il tasso di partecipazione alle elezioni in Italia ha seguito un trend in discesa. Questo fenomeno non è solo un dato statistico, è un indicatore del sentimento diffuso tra i cittadini riguardo alla democrazia e alla loro capacità di influenzare il governo del proprio paese. La frase di Alexis de Tocqueville, “La democrazia è il potere di un popolo informato” dovrebbe farci riflettere. Se la democrazia è più forte quando i cittadini partecipano attivamente, allora cosa significa il calo dell’affluenza alle urne? Perché le persone stanno perdendo interesse nel votare?
Una delle cause principali di questa disaffezione potrebbe essere la percezione che il loro voto non abbia il potere di cambiare realmente le cose. Un esempio evidente è la gestione del potere esecutivo da parte dei presidenti Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella negli ultimi vent’anni. Questi due presidenti hanno ripetutamente sostenuto la formazione di governi tecnici o di coalizione che non riflettevano chiaramente la volontà popolare.
La percezione diffusa è che questi governi tecnici siano stati creati per compiacere interessi esterni, come le istituzioni europee, o per mantenere una stabilità politica apparente. Tuttavia, questa stabilità spesso è stata ottenuta a scapito della fiducia dei cittadini. Se il voto non porta ai cambiamenti desiderati e se i politici eletti non possono guidare il governo, allora perché dovremmo preoccuparci di votare?
Questa sensazione è particolarmente forte tra i giovani, che spesso si sentono emarginati e poco ascoltati dal sistema politico. Si aspettano che il voto porti a cambiamenti concreti e miglioramenti nella loro vita quotidiana, ma vedono invece una classe politica distante e disconnessa dai loro bisogni. Inoltre, la mancanza di trasparenza nelle decisioni governative e la percezione che l’élite politica sia più interessata ai propri interessi che a quelli del paese alimentano il cinismo.
Il problema non è solo istituzionale; è anche culturale. I media mainstream, che dovrebbero essere i guardiani della democrazia e tenere informati i cittadini, spesso si concentrano su scandali e polemiche superficiali, ignorando i problemi reali che interessano gli elettori. Questo tipo di informazione non solo non educa, ma può anche dissuadere le persone dal partecipare alla vita politica.
Allora, qual è la soluzione? La risposta non è semplice, ma un buon inizio sarebbe riformare il sistema politico in modo che rifletta meglio la volontà popolare. Una riforma costituzionale presidenziale potrebbe restituire ai cittadini la sensazione di avere voce in capitolo. Dare il potere al popolo di eleggere direttamente il presidente, con un mandato chiaro e autorità reale, garantirebbe che le scelte politiche riflettano la volontà del popolo, piuttosto che accordi tra partiti.
Una legge elettorale con premio di maggioranza potrebbe fornire la stabilità necessaria per attuare politiche a lungo termine, evitando il continuo balletto di coalizioni precarie che dipendono da accordi tra fazioni. Questo sistema potrebbe contribuire a creare un ambiente politico più trasparente e responsabile, restituendo ai cittadini la sensazione di essere ascoltati e rappresentati.
È essenziale un cambiamento culturale nel modo in cui i media e i politici comunicano con il pubblico. Una maggiore trasparenza, un impegno a informare il pubblico in modo chiaro e accurato, e un approccio meno sensazionalistico potrebbero contribuire a ricostruire la fiducia nella democrazia.Se il voto è il fondamento della democrazia, allora la diminuzione dell’affluenza è un segnale di allarme che non possiamo ignorare. È tempo di agire, di ascoltare i cittadini e di dare loro un motivo per credere che il loro voto conti davvero. La democrazia è il potere di un popolo informato e partecipativo; il nostro compito è far sì che rimanga tale.
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