Crocifisso, un simbolo di unione divenuto divisivo

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Pochi sanno che Cristo, torturato, flagellato e inchiodato sulla croce, pronunciò solo parole di perdono verso i suoi assassini e verso coloro che lo misero a morte con quella pratica crudele, molto diffusa nell’Oriente semitico e nelle province governate dai Romani.

Fino a non molti anni fa, in Italia e nei Paesi a maggioranza cattolica (Francia esclusa) eravamo abituati a vederlo esposto un po’ ovunque per tradizione valoriale prima ancora che per Legge: scuole, tribunali, pubblici uffici e molti altri luoghi. Simbolo di una tradizione consolidata dunque e, in Italia, regolamentata anche da alcuni regi decreti risalenti agli anni Venti del Novecento. Una consuetudine messa in forte discussione negli ultimi anni invocando una forma di rispetto verso le altre confessioni religiose i cui fedeli, si dice, potrebbero essere “turbati” nelle proprie convinzioni, dal simbolo cristiano per eccellenza. A tal proposito va ricordato che nel nostro Paese circa il 66% della popolazione si dichiara Cristiana Cattolica, il 15% agnostica o atea e il restante 19% di credo differente.

È doveroso ribadire che l’Italia è uno Stato laico e quindi ognuno è pienamente libero di professare e manifestare il proprio credo religioso senza nessun timore, ma pur sempre nel rispetto verso gli altri e verso le leggi dello Stato. Un rispetto che è venuto spesso a mancare. Ricordiamo il caso di Marina Nalesso, volto noto del TG2, derisa e messa alla gogna sui social per aver messo al collo un rosario durante la conduzione del Telegiornale. Sconcertata dalle polemiche lei dichiarò che indossava semplicemente: “il più grande simbolo e segno di amore che esista al mondo”. 

Da Oltralpe, giusto qualche tempo fa, è giunta una notizia che ha fatto discutere non poco: nel manifesto pubblicitario delle Olimpiadi di Parigi la croce che svetta in cima alla cupola della cappella de Les Invalides è stata graficamente sostituita da una sorta di guglia dorata, a detta di molti, simile a quelle che vediamo sulla sommità delle moschee nei Paesi islamici. Laicità? Sottomissione? Discriminazione? Prendiamo atto con riserva dell’illustrazione del disegnatore Ugo Gattoni, nella speranza che non sia nessuna delle tre. 

In merito alla vicenda però vengono in mente le parole della scrittrice, e deputata del Partito Comunista Italiano nella IX e X legislatura, Natalia Ginzburg, educata sin da bambina all’ateismo:

Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo

Natalia Ginzburg

E anche se i suoi ideali “politici” son ben distanti da quelli dei conservatori, siamo del parere che questo messaggio non strizzi l’occhio né a destra né a sinistra, ma solo alla verità.

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